2. IL DIDJERIDOO: DA VOCE ANTICA A SPIRITO MODERNO
2.1 INTRODUZIONE
L’evoluzione storico-culturale del didjeridoo da “voce antica” a “spirito moderno” ci porta a riflettere sulla sua origine, sul valore simbolico attribuitogli e sul ruolo svolto nel contesto in cui nasce. Questo strumento è’ utilizzato nelle cerimonie e nei riti sacri dalle comunità autoctone che ritengono possieda virtù magiche e spirituali. Suonare il didjeridoo è pertanto un mezzo per evocare gli antenati ancestrali del Dreaming, che hanno creato il mondo con il canto. La sua costante presenza all’interno della comunità aborigena, una delle più antiche al mondo ancora esistenti, colloca questo strumento millenario nella sfera della tradizione.
Tuttavia, la contaminazione tra cultura aborigena e cultura bianca ha fatto sì che il didjeridoo da strumento utilizzato in un contesto magico-rituale, pur mantenendo la sua funzione originaria nelle comunità autoctone, diventasse anche strumento ricreativo, acquisendo così una nuova funzione grazie ai giovani aborigeni che hanno dato vita a una nuova tradizione utilizzando questo strumento in chiave ludica. Il didjeridoo usato nella produzione musicale contemporanea ha raggiunto tanto successo così da collocarsi nel contesto musicale internazionale. È possibile definire l’Yidaki uno “spirito moderno”: in Australia e nel resto del mondo, infatti, sono molti i suonatori non aborigeni che utilizzano questo strumento per produrre musica in modo originale e innovativo. Tuttavia essi riconoscono e rispettano comunque i valori spirituali aborigeni, riconoscendo a questo strumento il suo carattere sacro e spirituale ancora in grado di evocare, anche al di fuori del contesto originario, un’immagine di esotico e magico legato all’ancestrale cultura aborigena. Nell’era della globalizzazione, anche l’Italia non è rimasta estranea a questa contaminazione musicale. Si diffondono sempre più numerosi festival, seminari e iniziative per far conoscere e diffondere non solo la sua musica ma anche la sua cultura nativa. Tra questi, notevole è il successo suscitato dal Didjin’Oz Festival di Forlimpopoli, giunto alla sua undicesima edizione. Negli ultimi anni il didjeridoo ha acquisito un ampio grado di popolarità sia per il suo ingresso nel mercato globale della musica, sia per la sua diffusione grazie anche al turismo. Il grande fascino suscitato da questo strumento ha portato infatti alla creazione di una vera e propria industria per la produzione di didjeridoo come oggetti commerciali o come semplici souvenir per turisti, desiderosi di possedere quello che è diventata un’icona dell’aborigenalità. In proposito, è interessante la riflessione che Arjun Appadurai, antropologo e sociologo di fama mondiale, nell’opera The Social Life of Things70, fa in merito al concetto di scambio delle merci. Egli sostiene infatti che queste, come le persone, hanno una vita sociale nel senso che il loro valore non è solo un’intrinseca proprietà ma anche un giudizio espresso su di essi dai soggetti e dato dal contesto di riferimento in cui è usato. Contrapposta è invece la visione di economisti che ritengono le merci essere semplicemente tali, cioè puri prodotti meccanici governati dalle leggi della domanda e dell’offerta basata solamente sul valore economico loro attribuito dagli scambi commerciali. Se si considera invece la prospettiva culturale, sostenuta da Appadurai, la produzione di beni è un processo formativo e cognitivo: le merci non devono essere considerate solo materialmente come cose, ma classificate e contrassegnate culturalmente. Una stessa cosa per alcuni può essere valutata merce e per altri no, così come può essere classificata tale in un preciso momento storico ma non in un altro. Le merci godono quindi non solo di una vita sociale come gli individui, ma anche di un percorso storico. In quest’ottica Il didjeridoo, non è mero oggetto commerciale ma assume anche dignità di oggetto d’arte tanto da essere esposto in numerosi musei australiani e internazionali.